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TATTICHE NELLA STORIA

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Messaggio Da Nemo Sab Apr 11, 2009 2:11 pm

ACCERCHIAMENTO
L' accerchiamento è una tattica militare con la quale si cerca di accerchiare le forze nemiche allo scopo di tagliare loro ogni possibilità di ripiegare sottraendosi così alla battaglia e privandolo delle fonti di rifornimento per alimentare i consumi di munizioni e vettovagliamento per la truppa. L'accerchiamento è propedeutico alla resa nemica.

ASSALTO FRONTALE
L'assalto frontale è un attacco o scontro, effettuato in linea retta verso l'avversario. Una tattica di questo tipo permette all'attaccante, se in possesso di un buon arsenale bellico, di ottenere una breccia nella difesa avversaria causando un temporaneo vantaggio sull'avversario. Questa tattica militare veniva soprattutto usata prima dell'arrivo sul campo delle forze corazzate, quando cioè la mobilità delle truppe era bassa.

ATTACCO A TENAGLIA
Per attacco a tenaglia si intende quel tipo d'attacco volto ad accerchiare il nemico tramite lo sfondamento del fronte sulle ali, ed un successivo ricongiungimento delle forze d'attacco alle spalle del nemico, che rimane tagliato dalle proprie basi. L'attacco a tenaglia è stato alla base di un numero immenso di piani d'attacco soprattutto in epoca moderna. Un esempio di attacco a tenaglia è il celebre schieramento delle forze cartaginesi nella “battaglia di Canne”. (Annibale fece posizionare la cavalleria ai lati e tutta la fanteria al centro. I romani, invece, adottarono l'unica tecnica che non si dovrebbe adottare contro un esercito schierato in formazione a tenaglia, ovverosia mandarono una legione dietro l'altra a distruggersi sulla fanteria al centro. La fanteria cartaginese dovette arretrare subendo perdite, ma al momento opportuno, Annibale ordinò ai cavalieri di caricare ai lati e sul retro i romani, che vennero quasi tutti sterminati.)

BATTAGLIA PER LINEE INTERNE
La battaglia per linee interne è una tattica messa in atto per evitare l'accerchiamento da parte del nemico. Viene realizzata quando si fronteggiano due eserciti. Questa tattica è caratterizzata dalla costituzione di linee lunghissime e costituisce un impedimento all'accerchiamento da parte del nemico. Le linee parallele (prima, seconda, terza linea etc.) servono a mettere al sicuro il resto dell'esercito nel caso in cui la prima linea venga accerchiata, in questo modo l'esercito nemico si troverebbe davanti una seconda linea nemica ed in questo modo si troverebbe in pessima posizione fra due linee di fuoco ed a sua volta accerchiato. Vi è però un pericolo nell'attuazione di questa tattica: Delle linee molto poco profonde corrono il rischio di essere facilmente sfondate dalle forze nemiche con gravi conseguenze per il buon fine della battaglia.

BLIZKRIEG (GUERRA LAMPO)
Nella storia militare la guerra lampo, in tedesco Blitzkrieg, descrive una tattica militare usata dall'esercito tedesco all'inizio della seconda guerra mondiale nella quale movimenti ampi e rapidi di truppe meccanizzate non lasciavano all'avversario il tempo di organizzare una difesa stabile. La filosofia del Blitzkrieg era basata sull'uso massiccio dei carri armati, i cui primi esemplari erano già comparsi durante la prima guerra mondiale ma le cui possibilità strategiche non erano ancora state comprese interamente. Nel 2003, con la Seconda guerra del Golfo, vennero introdotti termini come "predominio rapido" e Shock and awe per indicare la versione moderna del Blitzkrieg. Il Blitzkrieg era uno stile di combattimento veloce e aperto, che si affidava pesantemente alle nuove tecnologie. Nella prima fase, l'aviazione veniva usata come artiglieria a lungo raggio, per distruggere i capisaldi nemici, attaccare le concentrazioni di truppe e seminare il panico. Successivamente le forze combinate di carri armati e fanteria motorizzata, coordinate via radio, distruggevano gli obiettivi tattici prima di muoversi in profondità nel territorio nemico. Una differenza fondamentale con i precedenti modelli tattici era la devoluzione del comando. Sul campo i giovani ufficiali erano incoraggiati a usare la propria iniziativa, piuttosto che affidarsi a una struttura di comando centralizzata. La strategia venne realizzata come reazione all'attrito statico della guerra di trincea della prima guerra mondiale e divenne impiegabile in pratica agli inizi degli anni trenta, grazie alla crescente affidabilità e potenza del motore a scoppio e della radio da campo, che permettevano il coordinamento degli attacchi. Numerosi militari di diverse nazioni capirono che la guerra di posizione era un concetto datato e poteva essere sconfitta concentrando forze in un'area ristretta e dotandole di una grande capacità di spinta. La chiave del Blitzkrieg era l'organizzazione delle truppe in forze mobili con eccellenti comunicazioni e comando, in grado di mantenere unite le varie unità militari mentre venivano impiegate in battaglia. Il concetto base era di effettuare uno sfondamento nel fronte nemico usando la combinazione carri-artiglieria-aviazione. Ottenuto lo sfondamento, i carri si sarebbero diretti verso i centri logistici, puntando a tagliare le linee di rifornimento e ad effettuare un accerchiamento a medio raggio del fronte nemico. La fanteria motorizzata\meccanizzata, seguendo le colonne corazzate, avrebbe assicurato la protezione dei fianchi e delle retrovie della punta corazzata.

CARACOLLO
Il Caracollo (dallo spagnolo caracol, spirale), anche detto chiocciola, è una manovra militare di cavalleria sviluppata circa alla metà del XVI secolo. Consisteva in una serie di complicate manovre effettuate dalla cavalleria armata di una o due pistole a ruota. I cavalieri avanzavano ad andatura lenta, minore del galoppo, verso il nemico, disposti tipicamente in formazioni profonde circa una dozzina di linee e con un fronte di 20-30 uomini. Una volta che la prima linea arrivava a portata di tiro delle pistole, i cavalieri scaricavano la propria pistola disponendosi di lato, per poi eventualmente disporsi nella direzione opposta per scaricare una seconda pistola; queste manovre, inevitabilmente, significavano presentare al nemico un bersaglio praticamente immobile per un certo lasso di tempo, per cui molto spesso il cavaliere, per ridurre al minimo il tempo di esposizione al fuoco, tirava con le proprie armi senza prendere accuratamente la mira. Una volta che la prima linea aveva scaricato le pistole, ruotava verso sinistra e si ritirava sul retro della formazione per ricaricare; nel frattempo, ogni linea successiva seguiva questa procedura. Generalmente, dopo un certo periodo di tiro con le armi da fuoco, in cui il contatto diretto veniva evitato, la manovra veniva conclusa con una carica all'arma bianca contro i ranghi nemici disorganizzati. Questa tattica non fu mai molto efficace, e venne spesso criticata dagli storici. Fu sviluppata essenzialmente come tattica per la cavalleria leggera, da utilizzare in combinazione con formazioni di cavalieri più pesanti armati di lancia tipici dell'epoca, ed era una risposta alla predominanza dei picchieri nella fanteria dell'epoca, fatto che rendeva generalmente molto rischiosa una carica diretta. Nonostante i suoi difetti, venne utilizzata più volte nel periodo che va dalla seconda metà del sec. XVI alla prima metà del sec. XVII, accompagnata dalla crescente popolarità dei Reiter tedeschi nelle armate occidentali; un caso di impiego del caracollo coronato da successo si ebbe nella “battaglia di Pinkie Cleugh”, avvenuta nel 1547 tra inglesi e scozzesi. È da notare che il caracollo è stato impiegato molto raramente contro truppe nemiche montate, in quanto, con la loro mobilità, avrebbero potuto caricare nel mezzo della manovra con effetti potenzialmente devastanti. Il caracollo cadde in progressivo disuso a partire dagli anni '80 del sec. XVI, a causa del sempre maggiore aumento della potenza di fuoco della fanteria provocato dall'introduzione del moschetto e del fuoco di fila, introdotti prima dagli olandesi durante la Guerra degli ottant'anni, e poi adottati dagli svedesi di Gustavo Adolfo durante la Guerra dei trent'anni. Ciò rese progressivamente più rischiosa la manovra, che venne definitivamente abbandonata nei primi decenni del sec. XVII, sostituita da cariche di cavalleria all'arma bianca, eventualmente precedute da una sola scarica di armi da fuoco a breve distanza, per disorganizzare il nemico prima dello scontro diretto. A volte è stato erroneamente identificata come caracollo una carica abortita da parte della cavalleria, che, a causa del basso morale, si fermava a poca distanza del nemico scaricando le pistole per poi ritirarsi; tuttavia in tale manovra mancava la successione di scariche e movimenti tipici della Carica

CARICA
La carica è una manovra in battaglia con la quale soldati avanzano verso il loro nemico alla massima velocità di cui sono capaci per impegnarli in un combattimento ravvicinato. La carica è stata la manovra dominante e il momento chiave tattico decisivo di più battaglie nella storia. Le cariche moderne sono si caratteristiche molto più ridotte e comportano l'impiego di piccoli gruppi contro posizioni individuali, invece dei grandi gruppi di combattenti che assalivano grandi formazioni o linee fortificate nel passato.
Il valore dirompente di un attacco alla carica è stato sfruttato sin dagli albori dell'arte militare, specialmente nelle tattiche di cavalleria, sia con formazioni composte da cavalieri in armatura sia con truppe a cavallo più leggere. Tuttavia, storici come John Keegan hanno dimostrato che quando una carica di cavalleria fronteggia truppe ben organizzate, spesso il risultato non è stato utile. In questi casi, i cavalli hanno evitato la massa densa di nemici o l'unità di cavalleria stessa si infrange contro gli avversari e si divide perdendo di efficacia. Questo esito è riportato, per esempio, nella scena della battaglia nel film Waterloo o Braveheart. Al contrario, quando cariche le cariche di cavalleria avevano successo, ciò era dovuto principalmente alla formazione che difendeva che spesso presa dal panico si separava e fuggiva, soggetta all'inseguimento ulteriore delle truppe a cavallo.
Con l'avvento delle armi da fuoco, i parametri di valutazione diventarono velocità dell'avanzata contro percentuale (o efficacia) del volume di fuoco della formazione in difesa. Se gli assalitori riuscivano ad avanzare ad una velocità maggiore di quella con la quale i difensori riuscivano a ucciderli o ferirli, gli assalitori terminavano l'avanzata a contatto dei difensori, sebbene non necessariamente in numero sufficiente per prevalere. Naturalmente ci sono più fattori di cui tenere conto in questo confronto quali copertura del fuoco delle armi, organizzazione, formazione del terreno e altri. Una tattica di carica frontale fallita in questi contesti, lascerà spesso gli assalitori estremamente vulnerabili ad una contro-carica. C'è stato un aumento continuo nella potenza di fuoco negli ultimi 700 anni, e se molte cariche sono state rotte con successo, molte sono anche riuscite vittoriose ugualmente. È solamente alla fine del XIX secolo che le cariche frontali sono diventate meno efficaci, specialmente dall'introduzione della mitragliatrice e dell' artiglieria a retro carica. Modernamente sono ancora utili su piccola scala in aree confinate dove la potenza di fuoco del nemico non può essere sviluppata pienamente.
- Cariche celebri
Carica della 4a brigata leggera australiana a cavallo alla Battaglia di Beersheba.
Battaglia di Patay (18 giugno, 1429): Carica della cavalleria pesante francese contro l'esercito inglese. Per la prima volta vengono sconfitti arcieri armati di longbow in uno scontro diretto, segnando una punto di svolta nella guerra dei cent'anni.
Battaglia di Vienna (11–12 settembre, 1683): 20 000 cavalieri dell'esercito polacco-austro-tedesco comandato dal re polacco Jan III Sobieski con un'avanguardia di 3000 ussari pesantemente armati, caricano le linee ottomane La più grande carica di cavalleria della storia.
Battaglia di Waterloo (18 giugno, 1815): 2 000 cavalieri inglesi caricano la fanteria francese e 9 000 cavalieri francesi caricano la fanteria inglese.
Carica di Pastrengo (30 aprile 1848): compiuta dagli "Squadroni da Guerra" dei Carabinieri Reali assegnati alla protezione del Re Carlo Alberto di Savoia. Il re Carlo Alberto, portatosi tra la brigata Cuneo e la brigata Piemonte, partecipò all'azione condotta dal maggiore Alessandro Negri di Sanfront con i tre squadroni di Carabinieri Reali, precedentemente fatti segno di una nutrita scarica di fucileria. La carica valse a rompere la linea nemica, composta da due battaglioni austriaci.
La carica della brigata leggera (25 ottobre, 1854) nella battaglia di Balaclava della Guerra di Crimea.
Carica di Pickett (3 luglio, 1863) nella Battaglia di Gettysburg durante la guerra di secessione americana.
Battaglia di Opequon (19 settembre, 1864): la più grande carica di cavalleria della guerra di secessione americana.
Seconda battaglia di Franklin (3 novembre, 1864): la più grande carica di fanteria [2] durante la guerra di secessione americana.
Carica del 21° Lanceri nella Battaglia di Omdurman, (2 settembre, 1898): 400 cavalieri inglesi caricano 2 500 dervisci del Mahdi.
Carica del 4° Cavalleria leggera nella Battaglia di Beersheba (31 ottobre, 1917): due reggimenti australiani di cavalleria leggera caricano un numero imprecisato di fanti turchi trincerati e sostenuti dalla artiglieria austriaca. Questo episodio è spesso considerato "l'ultima carica di cavalleria riuscita della storia".
Carica del 7° Dragoni, (11 novembre, 1918): cavalleria britannica effettua una carica opportunistica sulla fanteria tedesca per catturare Lessines e gli incroci di Dender in Belgio. Fu l'ultima carica di cavalleria della prima guerra mondiale e l'azione terminò nel momento in cui scoccavano le ore 11 che segnavano la fine delle ostilità.[3][4]
Battaglia di Krojanty (1 settembre, 1939): una carica di cavalleria che diede origine al mito della cavalleria polacca che caricava i carri armati tedeschi.
Bataan Peninsula (16 gennaio, 1942): Il 26° Reggimento Cavalleria americano effettuò una carica a cavallo contro posizioni giapponesi con i cavalieri armati di pistola. Si tratta dell'ultima carica a cavallo di truppe degli Stati Uniti in battaglia.
Carica di Izbušenskij (24 agosto 1942): l'ultima carica di cavalleria in assoluto, peraltro eseguita dall'esercito italiano sul fronte russo.
Battaglia di Mount Tumbledown (13–14 giugno, 1982): fanteria britannica carica le posizioni argentine durante la Guerra delle Falklands. L'ultima carica alla baionetta vittoriosa.[5]
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Messaggio Da Nemo Sab Apr 11, 2009 2:11 pm

CORINA FUMOGENA
La cortina fumogena è una tecnica di difesa nell'arte militare che consiste nello stendere uno schermo di fumo che cela i movimenti di mezzi o uomini, al nemico. I primi carri armati che potevano generare cortine fumogene, semplicemente iniettavano olio nel motore, che bruciando, produceva un denso fumo bianco. Nel campo navale, alcune navi erano fornite di generatori di fumo chimico (tipicamente i cacciatorpediniere e alcuni incrociatori leggeri). Le cortine di fumo chimico erano molto più dense del normale fumo e davano una maggior protezione a tutte le navi dietro di esse. Le cortine di fumo erano generabili anche grazie a particolari tipi di munizioni fumogene che potevano essere sparate con i cannoni generando così densi banchi di fumo sul settore di battaglia a seconda delle necessità. Una cortina fumogena è una nuvola di fumo creata per mascherare il movimento o la posizione delle unità militari quali fanteria, i carri armati, i velivoli o le navi. È più comunemente sganciata in una scatola metallica, solitamente una granata. La granata libera una nube molto densa di fumo destinata a riempire la zona circostante anche con vento leggero. Sono anche usate dalle navi. Considerando che le cortine fumogene originalmente sarebbero state utilizzate per nascondere il movimento dalla vista del nemico, la tecnologia moderna ha sviluppato ora nuove forme; fumogeni che possono avere effetto nell'infrarosso così come nello spettro del visibile così da impedire la rilevazione dai sensori o dai visori infrarossi; inoltre sono disponibili fumogeni per i veicoli in una forma superdensa usata per impedire ai fasci laser dei designatori nemici di inquadrare l'obiettivo.
- Granata fumogena
Queste sono granate utilizzate come dispositivo di segnalazione terra-terra o terra-aria. Il corpo consiste di un cilindro di metallo in lamiera di acciaio con alcuni fori per l'emissione sulla parte superiore e sulla parte inferiore per permettere il rilascio del fumo quando la composizione del fumo all'interno della granata sia bruciato. In quelli che producono fumo colorato, il contenuto consiste in 250 - 350 grammi (rosso, verde, giallo o viola) di miscela colorata del fumo (principalmente clorato di potassio, bicarbonato di sodio, lattosio e una tintura). Un altro tipo di granate di fumo sono quelle che scoppiano. Queste sono riempiti di fosforo bianco (WP), che si spande tramite azione esplosiva. Il fosforo prende fuoco in presenza di aria e brucia con una fiamma gialla brillante, mentre produce un copioso volume di fumo bianco (pentossido di fosforo).
- Granate d'artiglieria Fumogene
L'artiglieria e i mortai possono spesso sparare munizionamento che genera fumo, e questi sono la principale origine delle cortine fumogene tattiche sul campo. Così come per le granate, anche le granate d'artiglieria sono disponibili sia come granate per l'emissione di fumo che come granate fumogene esplodenti. I mortai quasi sempre usano proiettili fumogeni esplodenti per via della minore dimensione del proiettile di mortaio e della maggiore efficenza dei proiettili esplodenti.
- Generatori di fumo
Cortine fumogene molto grandi o creata per molto tempo, sono prodotte da generatori di fumo. Questa è una macchina che scalda del materiale volatile (tipicamente olio o una mistura a base d'olio) fino a farlo evaporare.

DOPPIO AGGIRAMENTO
Il doppio aggiramento è quella manovra militare tramite cui le due ali di un esercito si portano alla spalle o ai fianchi di un avversario accerchiandolo. È la manovra utilizzata da Annibale a Canne (216 a.C.) quando accerchiò con le sue cavallerie i manipoli romani di Terenzio Varrone provocando la disastrosa sconfitta dell'esercito romano. Questo atto tattico è considerato il verosimile apice dell'arte militare di Annibale. (La disposizione delle truppe operata da Annibale prevedeva che i Romani avrebbero tentato di sfondare il centro, tenuto da 19.000 tra Galli ed Iberici, approfittando della schiacciante supremazia numerica data da 55.000 legionari. Come Annibale aveva previsto, i Galli presto dovettero soccombere e il centro iniziò a cedere. Ma, nel frattempo, la sconfitta romana si stava consumando sulle ali. Annibale, infatti, aveva disposto le sue truppe di cavalleria in una formazione asimmetrica: un'ala (a sud-est) di cavalleria numida di 3.600 unità con compiti di contenimento; l'altra, a nord-ovest di cavalleria pesante di 6.500 cavalieri con compiti di sfondamento, creando così una netta supremazia numerica e tattica sul fianco ovest, dove tra l'altro la cavalleria romana era pressata tra il fiume e le truppe romane in avanzata. La cavalleria pesante di Annibale compì tre cariche: con la prima distrusse la cavalleria romana sull'ala ovest, convergendo poi sulla cavalleria alleata sull'ala est e distruggendola; infine, dopo essersi riunita alla cavalleria numida, chiudendo la tenaglia con un attacco alle spalle della massa della fanteria romana. Contemporaneamente, la fanteria d'elite africana, che si trovava ai due lati estremi dello schieramento di fanteria cartaginese, si trovò quasi senza sforzo nella condizione di operare un cambio di fronte che la portò a chiudere i lati dello schieramento romano completando così l'accerchiamento. Fu un massacro. Come riferì lo storico Livio, i Cartaginesi si fermarono solo quando furono stanchi di uccidere.)

FUOCO DI SATURAZIONE
Il fuoco di saturazione è un' azione militare in cui tutta la potenza di fuoco di un' unità militare viene fatta convergere in un' area o un territorio ristretto. Può essere usato con diversi effetti a seconda della condizione tattica immediata: banalmente si può sfruttare per distruggere postazioni e presidi nemici, oppure per costringere nemici annidati in aree limitrofe a venire allo scoperto, per immobilizzare il nemico in una posizione protetta ma scomoda, per impedire il transito in un'area, per effettuare pressione psicologica... Oggi viene applicato con diverse armi da fuoco, sia di tipo personale (fuoco di fucileria o con pesanti armi da supporto) che di tipo pesante: cannoni, mortai e obici da campo, armi montate su semoventi o sistemi di razzi multipli MLRS e persino bombardamenti navali o aerei.
È fondamentale per la buona riuscita dell'azione essere in grado di disporre di una capacità di fuoco continua e con intervalli minimi tra le salve. Per questo l'applicazione migliore si ha con l'uso di fucili automatici o d'assalto, o con mitragliatrici o di sistemi di fuoco multiplo.
L'utilizzo di armi più pesanti viene in genere limitato a ruoli di supporto associato a squadre di fanteria, o a interventi dove la forza schierata è soverchiante e in grado di mantenere una elevata cadenza nonostante i tempi di ricarica elevati tipici delle armi di grosso calibro.

FUOCO DI SOPPRESSIONE
Il fuoco di soppressione (detto anche fuoco di copertura o fuoco di sbarramento) è una tattica militare molto utilizzata soprattutto nelle zone cittadine. Consiste nel costringere il nemico dietro ad un riparo bersagliandolo con il maggior volume di fuoco disponibile, anche a discapito della mira. Duplice il vantaggio ottenuto: - si riduce notevolmente il fuoco di ritorno - si impedisce al nemico la vista degli spostamenti delle proprie truppe. Questa tattica consente lo spostamento di operatori in modo soddisfacentemente sicuro anche allo scoperto e l'aggiramento del nemico bersagliato, visto che, come già detto, gli è impossibile vedere i movimenti avversari. Può essere usata sia in fase offensiva che difensiva. Un tipico esempio del primo caso è il recupero di un operatore ferito, in cui il resto del plotone offre copertura ai due che trascinano il ferito al riparo. Un esempio di utilizzo offensivo è la copertura dell'avanzamento di alcuni membri della squadra verso una postazione nemica, per compiere un aggiramento o arrivare a distanza utile per un lancio di granate. Per questo tipo di tattica, che predilige una grande capacità di fuoco a scapito della mira, sono maggiormente adatte le mitragliatrici leggere.

IMBOSCATA
L'imboscata è una tattica militare che consiste nell'attaccare il nemico da una posizione strategica, come una collina o da un albero, e con il favore dell'effetto sorpresa. Molto spesso associata alla guerriglia, questa tecnica è stata usata in molti conflitti, compresa la seconda guerra mondiale, perché è il classico esempio di tattica militare, in quanto permette di arrecare il maggior danno possibile al nemico con il minor dispendio di risorse. In qualunque caso è norma definire "imboscata" gli attacchi eseguiti nelle modalità sopra indicate ma su piccola scala (squadre e plotoni); su scala più grande si parla di aggiramenti o di attacchi sui fianchi.

MANOVRE
Il termime manovra nel glossario militare lo troviamo nel linguaggio strategico, tattico, strategico, logistico e addestrativo. La manovra è il mezzo, la modalità con cui si attua il concetto operativo del comandante e per cui si applicano al caso contingente i principi generali dell’arte della guerra. I principi essenziali della manovra sono l’azione a massa e la sua sorpresa, agire cioè colla somma delle forze nel punto e nella direzione in cui il nemico meno se lo aspetta. Data la grande estensione dei moderni fronti di schieramento si avranno una azione principale nel tratto prescelto in base ai criteri di cui sopra, e una o più azioni concomitanti, destinate a facilitare quella principale e ad impedire all’avversario l’azione a massa nel tratto ove si sviluppa l’azione principale stessa. Il dosaggio delle forze, il loro scaglionamento in profondità per il governo della battaglia, le ipotesi sulla successione degli atti, il coordinamento delle varie azioni e dei vari mezzi costituiscono l’essenza del disegno di manovra è la determinazione del tratto o dei tratti di fronte su cui esercitare lo sforzo principale. È questo che differenzia e caratterizza i vari tipi di manovra, cosi nel campo strategico che in quello tattico. Si può a priori affermare che la direzione più pericolosa è generalmente il fianco. L’azione contro uno o entrambi i fianchi dà luogo rispettivamente alla manovra di avviluppamento semplice o doppia nel campo tattico, alla manovra di aggiramento semplice o doppia nel campo strategico. Nel campo strategico abbiamo inoltre i seguenti tipi di manovra:
per linee interne, quando una massa centrale interposta fra due o più masse nemiche opera in modo da impegnare battaglia separatamente con ciascuna successivamente;
per lineee esterne, quando più masse agiscono concentricamente contro una massa centrale;
sfondante centrale o sfondante d'ala, quando nel campo strategico una massa agisce in modo da interporsi, o nel centro o verso una delle ali, tra le frazioni dell'esercito o degli eserciti avversari, in modo da separarle, per poi impegnare battaglia con tali frazioni in tempi successivi con le proprie forze riunite contro le forze nemiche separate.
Data la generalità e la universalità dei principi dell'arte della guerra, la manovra è attuabile da tutte le unità, grandi e piccole. Variano solo i rapporti di tempo, di spazio e di forza. Tutte le unità devono manovrare e cioè attuare delle modalità per l'applicazione dei principi per il conseguImento dello scopo.
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Messaggio Da Nemo Sab Apr 11, 2009 2:12 pm

RAID
Il raid è un tipo di missione, affidata generalmente ad unità militari terrestri, finalizzata ad attaccare obiettivi sensibili, creare disturbi o diversivi tra le file nemiche, catturare prigionieri e raccogliere informazioni. Si tratta di operazioni svolte da forze speciali, unità d'elite, che vengono appositamente addestrate ai particolari obiettivi. Si può affermare che le missioni raid abbiano origine dalla grande guerra. Durante il '15-'18 la guerra di trincea impediva operazioni di movimento; spesso era possibile solamente o l'assalto frontale delle fanterie oppure l'immobilità nella trincea. Si iniziarono a compiere incursioni notturne condotte da piccole squadre che si infiltravano tra le linee nemiche per fare colpi di mano o catturare prigionieri. Col progredire delle ostilità questa tecnica di combattimento venne migliorata al punto di istituire appositi reparti composti da volontari scelti. Esempi famosi sono stati gli Arditi italiani oppure le operazioni tedesche condotte da Erwin Rommel a Caporetto che portarono il caos tra le linee italiane. Con la Seconda guerra mondiale ogni esercito aveva le sue forze specializzate, come il SAS britannico, i Rangers statunitensi, gli Spetsnaz russi e di altri paesi ex-sovietici. [1] Tra questi spicca soprattutto il Sas, nato nel 1942, che compì numerosi attacchi contro la Luftwaffe, causando la distruzione di molti caccia tedeschi. Il raid non fu più solamente un'operazione contro le linee nemiche ma anche dietro le linee e con molti possibili compiti. Oggi tutti i principali eserciti del mondo hanno forze speciali con numerosi operatori spesso specializzati in poche e mirate tipologie di missione. Le operazioni militari sono infatti molto complesse e con molteplici scenari possibili sia per il tipo di guerra convenzionale oppure come quelle odierne in Iraq o in Afghanistan. Per questo le operazioni militari classiche sono spesso accompagnate da raid condotte da forze speciali. Inoltre vengono impiegate sempre più intensivamente in scenari non ufficiali dove conducono soprattutto azioni di sabotaggio, incursioni di vario tipo, cattura/liberazione di prigionieri. Invece per la guerra aerea si definisce raid un attacco in generale condotto da aerei militari contro obbiettivi terrestri e navali.

SACCA
Nel gergo militare si indica come sacca lo spazio in cui viene circondato e confinato l'esercito nemico grazie a una manovra di accerchiamento. Il termine venne coniato durante la seconda guerra mondiale. Talvolta si parla anche di sacche di resistenza, intendendo con ciò dei luoghi in cui sono concentrate le resistenze degli sconfitti in una guerra o in un'insurrezione. Alcuni esempi di sacche:
Durante l'Operazione Barbarossa, 230.000 sovietici furono catturati in una sacca a Smolensk dopo essere stati isolati dalle forze corazzate del generale Heinz Guderian il 20 luglio 1941.
Stalingrado, 1942-43
Velikiye Luki, 1942-1943
Nel 1944, dopo lo sbarco in Normandia, la 7a Armata tedesca fu intrappolata nella sacca di Falaise
Sacca di Korsun, 1944
Sacca di Kamenets-Podolsky, 1944
Nel 1945, 325.000 tedeschi furono isolati e catturati dall'esercito americano in avanzata nella regione della Ruhr
Sacca di Braunsberg-Heiligenbeil, 1945
Sacca di Curlandia, 1945
Berlino, 1945
Nelle guerre jugoslave la sacca di Medak era una zona popolata da serbi in Croazia, che fu invasa dai croati nel settembre 1993.

SACCHEGGIO
Per saccheggio si intende quell’azione militare che mira a depredare e ad acquisire bottino portando allo stesso tempo lo scompiglio e la distruzione nel territorio dell’avversario. In epoche passate, non era desueto ricorrere alla guerra ed al saccheggio per invadere un territorio e depredarlo delle risorse di cui disponeva. Da questo punto di vista è possibile considerare la guerra come una forma di attività economica. Un’attività economica, a dire il vero, capace di procurare enormi profitti per i vincitori: non è del tutto corretto ritenere la guerra come pura “produzione negativa”; ciò aldilà delle ovvie implicazioni morali. Il ricorso al saccheggio, alla razzia e al raid è molto diffuso, nel corso di tutta la storia bellica europea, a prescindere dalle epoche e dai luoghi, e il motivo è presto detto. La guerra generalmente, e indipendente dalle cause che l’hanno scatenata, si configura come una prova di forza in cui per risultare vincitori è utile indebolire l’avversario quanto lo è incrementare la propria forza. Gli studiosi di Storia della guerra e gli storici in generale tendono a distinguere tra razzia e raid. Per razzia si intende l’incursione in un territorio nemico, di solito limitata nel tempo, con il duplice scopo di prelevare la maggior quantità di risorse possibile e di devastare ciò che non è possibile portare con sé. Questo genere di azione militare era caratteristica, per esempio, delle zone di confine. La razzia è il tipo di azione militare di gran lunga più diffuso in tutta l’età medioevale. Il raid, invece, si inserisce all’interno di un quadro tattico più ampio (anche se la conquista di un bottino rimane un aspetto molto rilevante, l’obiettivo principale è quello di favorire l’avanzata del proprio esercito in territorio nemico o di togliere risorse al rivale); caratteristica del raid è che, generalmente, veniva condotto da truppe “rapide”: in sella a cavalli in età antica e medioevale, con i supporto di mezzi corazzati, cingolati o aerei nelle azioni belliche contemporanee. Il raid può essere previsto all’interno di un piano che prevede la distruzione programmata di un territorio intorno ad una città con lo scopo di privarla dei mezzi di sussistenza e quindi indurla alla resa. Anche una grande città come Milano (evidentemente poco conveniente da attaccare direttamente o da assediare) dovette arrendersi per ben due volte all’esercito di Federico Barbarossa che operò distruzioni sistematiche nel contado milanese. Il raid, indubbiamente, possiede un forte potere intimidatorio in quanto la sua rapidità e la devastazione che induce provocano un senso di impotenza da parte delle vittime. Sono immaginabili, per esempio, i sentimenti di chi si trova nascosto in cantina mentre dal cielo piovono bombe. In ogni epoca, il semplice passaggio di un esercito per un dato territorio veniva a costituire una grave disgrazia per il luogo attraversato, senza differenza tra amici e nemici. Scrive Stettia: “in età medioevale ogni esercito, per il solo fatto di essere tale, sembra incapace di astenersi dalla preda in ogni possibile occasione”. C’è poi da considerare il problema dell’approvvigionamento di cibo e di mezzi per la massa di uomini che compongono l’esercito in marcia. Il mezzi pesanti che facevano parte dell’armamentario che l’esercito portava con sé (macchine belliche, cannoni, mezzi pesanti, ecc.) provocavano il danneggiamento delle strade, l’abbattimento di muri, alberi e di tutto ciò che poteva ostacolarne il passaggio. Per essere precisi, occorrerebbe operare una distinzione fra prelievi fatti per le necessità di sopravvivenza dei soldati e la rapina autorizzata. Nei fatti, tuttavia, una distinzione del genere è quasi sempre impossibile anche se consideriamo il punto di vista del contadino che si vede privato del proprio raccolto con le cattive maniere e a titolo gratuito. Non a caso l’abilità di condurre un esercito da un territorio a un altro senza causare gravi danni ai luoghi attraversati era caratteristica riconosciuta solo ai più grandi condottieri. Belisario e Guglielmo il Conquistatore erano amati sia dal proprio esercito, sia (cosa ben più rara) dalle popolazioni dei territori che attraversava con i propri soldati.

SALIENTE
Nella terminologia militare un saliente è una parte del teatro di battaglia che si proietta in territorio nemico. Si trova quindi circondato dal nemico su due o tre lati, il che fa sì che le truppe che la occupano siano particolarmente vulnerabili. La linea nemica che lo fronteggia è detta rientrante. Un saliente profondo corre il rischio di essere tagliato dal nemico sulla sua base formando una sacca, in cui gli occupanti rimangono isolati. I salienti si possono formare in molti modi. Un attaccante può produrre un saliente nella linea difensiva avversaria, con un movimento aggirante ai fianchi di un punto di resistenza, il quale diventa il vertice del saliente stesso, oppure con un attacco frontale esteso che viene arrestato al centro ma riesce a procedere ai fianchi. Un attaccante produce un saliente nella propria linea tramite un attacco frontale che riesce soltanto al centro, dove si costituisce il vertice del saliente. Nella guerra di trincea, i salienti erano chiaramente definiti dalla presenza delle opposte linee trincerate, e si formavano in genere per il fallimento di un attacco frontale. La natura statica delle trincee comportava che la formazione di una sacca era piuttosto rara, ma la natura vulnerabile dei salienti li rendeva spesso il punto focale di intense battaglie di attrito.
Nella Prima guerra mondiale, i britannici occuparono un vasto saliente ad Ypres per gran parte della durata del conflitto. Formatosi come risultato della Prima battaglia di Ypres, divenne uno dei settori più insanguinati del fronte occidentale. La situazione era così statica e così terribile la sua reputazione che la fanteria britannica si riferiva ad esso come al "Saliente" per antonomasia.
Nella Prima guerra mondiale i tedeschi occuparono un piccolo saliente di fronte a Fromelles chiamato "Pan di zucchero" per la sua forma particolare. Essendo piuttosto piccolo consentiva agli occupanti di tirare con fuoco di infilata l'estensione della terra di nessuno su entrambi i fianchi.
Nella Seconda guerra mondiale, l'Unione Sovietica occupò un vasto saliente, profondo 150 chilometri, a Kursk che divenne il teatro della omonima battaglia, il più grande scontro di carri armati della storia.
Durante l'intervento militare turco sull'isola di Cipro nel 1974, le forze turche raggiunsero a sud il villaggio turco-cipriota di Louroujina. La linea del cessate il fuoco divise l'isola in settori controllati dai greci e dai turchi, creando a Louroujina un saliente accessibile dal resto del settore turco unicamente tramite una singola strada.
Nella guerra di movimento, quale fu la Blitzkrieg tedesca, i salienti erano costantemente a rischio di essere ridotti a sacche, e a diventare il punto focale di battaglie di annientamento. In una sacca le forze intrappolate non hanno intenzionalmente consentito, a differenza che in un assedio, difendendo una posizione fortificata, di essere circondate.

SCHERMAGLIA
In ambito militare, la schermaglia avviene quando i due schieramenti nemici si attaccano tenendo la distanza, con frecce, giavellotti, e in epoche più avanzate anche fucili e cannoni.
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Messaggio Da Nemo Sab Apr 11, 2009 2:13 pm

SFILAMENTO
Lo sfilamento, nella tattica militare, è un movimento che consente ad una forza attaccante di raggiungere la retroguardia avversaria separando i difensori dalle loro principali posizioni difensive. I difensori sono così costretti ad abbandonare quelle posizioni o ad inviare notevoli forze nel tentativo di riconquistarle. Esempi del passato:
Battaglia di Ulma
Battaglia del Lago Trasimeno

INCUDINE E MARTELLO
La tattica dell'incudine e martello fu inventata probabilmente da Filippo II o da suo figlio Alessandro Magno. Essa venne utilizzata soprattutto da Alessandro, Filippo, Annibale, Scipione e anche nei secoli successivi essa venne imitata, pur con delle varianti. Probabilmente questa tattica trae origine dalla manovra a tenaglia, sebbene ne rappresenta una variante migliorata, oppure più semplicemente è una versione migliorata e più complessa dell'accerchiamento. La tattica dell'incudine e martello consiste in una manovra di accerchiamento compiuta da truppe molto mobili, che attaccano i fianchi e il retro dello schieramento nemico e da truppe più statiche, che assalgono il nemico frontalmente. Questa tattica può venire eseguita dagli eserciti che sono in grado di mettere in campo: 1) un reparto di fanteria pesante (in grado di attuare una forte pressione sul nemico): di solito vengono utilizzati lancieri, picchieri, soldati in armatura pesante e specialmente la falange; 2) un reparto di soldati dotati di grande mobilità (in grado di muoversi agilmente e velocemente): soldati in armatura leggera, schermagliatori e specialmente la cavalleria (leggera o pesante). La miglior combinazione di truppe per attuare questa tattica consiste nell'uso di falange e cavalleria. La tattica consiste nello schierare la fanteria, cioè la falange, al centro e disporre la cavalleria sulle ali (formazione classica). In seguito viene fatta caricare la cavalleria contro le ali del nemico (dove solitamente si trova la cavalleria avversaria), questa per la buona riuscita della tattica deve riuscire a sconfiggere i suoi avversari (per questo motivo la tattica necessita di un numero notevole di cavalieri e possibilmente ben addestrati). Intanto la fanteria avanza al passo verso lo schieramento nemico. Dopo che la cavalleria ha messo in fuga le ali del nemico, essa continua ad avanzare, finché non aggira lo schieramento nemico, poi lo attacca alle spalle. A questo punto i nemici, poiché vengono pressati dalla forza d'urto della cavalleria da dietro e poiché arretrano di fronte ad uno sconquassamento della linea causato dalla carica, iniziano ad arretrare, cioè si muovono verso la falange. In questo modo i nemici vengono letteralmente schiacciati addosso al muro di lance della falange che ne fa strage e causa lo sfaldamento della formazione. I soldati nemici si spingono l'uno contro l'altro nel tentativo di fuggire dalla cavalleria, cosicché molti vengono spinti addosso alla falange dai loro stessi compagni. A questo punto la pressione esercitata sulla schiera nemica si raddoppia, poiché anche la falange preme dal lato opposto della cavalleria e solitamente la battaglia finisce quando i soldati vengono spinti o fuggono nell'unica via di fuga possibile: i lati, in modo da causare il crollo e lo sfondamento della formazione. Esempi storici di utilizzo della tattica:
Alessandro Magno e Filippo II ne fanno largo uso soprattutto durante azioni locali, in cui l'azione aggirante della cavalleria termina spesso con un ripiegamento sul fianco o sul retro del nemico, mentre la falange attacca frontalmente come nella battaglia di Gaugamela e di Isso.
Nella battaglia della Trebbia Annibale fa nascondere dei reparti di fanti, che attaccano i romani alle spalle, mentre la cavalleria assale i romani sui fianchi e la fanteria pesante li blocca frontalmente. Ma la fanteria pesante di Annibale non regge il confronto con quella romana, per cui la tattica fallisce quando i romani sfondano il centro dello schieramento punico e fuggono.
Nella battaglia di Canne Annibale fa compiere un assalto della sua cavalleria contro quella romana sulle ali, la quale fugge. Poi la cavalleria punica aggira lo schieramento romano e lo assale alle spalle. La manovra viene accompagnata dall'azione della fanteria libica sui fianchi dello schieramento romano e dalla disposizione a mezzaluna del centro punico, che permettono di frenare e bloccare l'impeto frontale dell'assalto romano (Annibale non commette lo stesso errore della Trebbia, dove il suo centro venne sfondato), così la tattica riesce ed è una strage per i Romani.
Nella battaglia di Zama Scipione manda la sua cavalleria contro quella punica situata sulle ali, che è stata scompaginata dal contatto con gli elefanti fuori controllo di Annibale. La tattica incudine e martello riesce quando la cavalleria romana aggira lo schieramento punico e lo assale alle spalle, mentre la fanteria romana lo incalza frontalmente.
Il nome di tattica dell'incudine e martello venne dato dagli storici successivi, che paragonarono la tattica al lavoro del fabbro. Infatti in questa 'metafora' l'incudine rappresenta la falange, il martello la cavalleria e il ferro da battere il nemico. Infatti il fabbro colpisce da sopra col martello (elemento mobile) il ferro rovente, che viene schiacciato da sotto contro l'incudine (elemento stabile).

TESTA DI PONTE
Testa di ponte è un'espressione della terminologia militare che indica una posizione relativamente sicura acquisita su un litorale (tipicamente tra le rive opposte di un fiume), in grado di garantire sufficiente copertura alle truppe durante lo sbarco o l'attraversamento e mantenere la posizione a fronte della probabile controffensiva nemica. Nella seconda guerra mondiale la più grande testa di ponte - che si rivelerà decisiva per la risoluzione del conflitto - fu quella costituita con lo sbarco in Normandia. In generale si utilizza l'espressione testa di ponte, in chiave metaforica, per indicare un nucleo coerente di forze o elementi favorevoli sul quale appoggiarsi per introdursi in uno scenario strategico ritenuto complessivamente estraneo, ostile o scarsamente accessibile.

TRIMACISTA
Trimacisia è un termine militare di origine celtica, già traslitterato in greco come τριμαρκισία. Il vocabolo indicava una particolare tattica militare della cavalleria celtica, comportante l'avvicendamento in battaglia di tre cavalieri. L'etimologia, secondo Pausania, derivava dall'unione del numerale tri (tre) e della parola marka (μάρκαν), con cui i Celti indicavano, nella loro lingua, il cavallo. Nella trimarcisia ogni cavaliere era spalleggiato da due servitori, entrambi abili cavalieri, e muniti ciascuno di un proprio cavallo, che stazionavano in seconda fila in attesa di intervenire: nel caso in cui il loro signore fosse stato disarcionato, a seguito del ferimento o dell'uccisione dall'animale, potevano rifornirlo di un cavallo di riserva. Uno dei due poteva invece sostituirlo in battaglia, in caso di ferimento o morte, mentre l'altro schiavo poteva riaccompagnare il ferito al campo. Ne conseguiva che il numero dei cavalieri realmente impegnati nei combattimenti di cavalleria era un terzo degli effettivi disponibili. La tattica, secondo Pausania, era ispirata a quella utilizzata dai Diecimila immortali del Gran Re di Persia, con una sostanziale modifica: mentre i Persiani rimpiazzavano le perdite al termine della battaglia, i Celti reintegravano il numero di guerrieri nel vivo del combattimento. Si ha menzione del suo utilizzo durante l'invasione celtica di Macedonia e Grecia che minacciò il recinto sacro di Apollo a Delfi nel 279 a.C.. In quel caso, ad esempio il numero totale dei cavalieri era di 61.200, mentre quelli effettivamente impegnati in contemporanea ammontavano a 20.400

GUERRA DI LOGORAMENTO
La guerra di logoramento è una strategia che mira a consumare le risorse morali e materiali del nemico per obbligarlo alla trattativa oppure per strappargli l'iniziativa. La guerra di logoramento viene combattuta fra eserciti non in grado di prevalere l'uno sull'altro attraverso scontri decisivi, oppure da un esercito in forte minoranza numerica o materiale contro un nemico più potente.
I romani condussero una guerra di logoramento contro l'esercito di Annibale dopo la sconfitta del Lago Trasimeno (217 a.C.). Ideatore di questa strategia fu Quinto Fabio Massimo, per questo soprannominato "Il Temporeggiatore" (Cunctator). Fabio Massimo impose la guerra di logoramento ad Annibale ottenendo notevoli successi, ma non riuscì a convincere della bontà della propria strategia il Senato, che obbligò i suoi successori ad ingaggiare battaglia in campo aperto. La disastrosa sconfitta di Canne riportò obtorto collo in auge la strategia del Temporeggiatore, con la quale Roma riuscì in dieci anni a rovesciare le sorti della guerra.
Nel corso della Grande guerra nordica, il re svedese Carlo XII invase la Russia nel 1708, sconfiggendo lo zar Pietro il Grande nella battaglia di Golovčin (luglio 1708). In grande crisi, a Pietro viene in aiuto il consiglio della moglie, che lo spinse ad attuare una tattica di logoramento contro gli svedesi, troppo forti sul piano tattico per poter essere affrontati in campo aperto. Così nella seguente battaglia di Lesnaja Carlo subì gravi perdite, perdendo una colonna di rinforzi svedesi proveniente da Riga. Privato del loro aiuto Carlo dovette rinunciare a marciare su Mosca. Non accettando l'idea di ritirarsi in Polonia o di tornare in Svezia, Carlo si volse a sud, invadendo l'Ucraina. Abilmente Pietro si ritirò rinunciando allo scontro diretto e facendo terra bruciata di tutto ciò che sarebbe potuto servire agli svedesi. Coi rifornimenti tagliati e privati di ogni sostegno sul terreno, gli scandinavi si trovarono ben presto a dover affrontare il terribile inverno russo, che ne decimò i ranghi assieme alle incursioni della cavalleria russa.
Nell'estate del 1709 l'esercito svedese ormai esausto venne finalmente affrontato dai russi nella battaglia di Poltava (27 giugno 1709), dove fu sbaragliato.
La disparità di forze fra le repubbliche boere e l'Impero britannico non lasciava molte speranze agli afrikaans, che dopo la perdita delle due capitali decisero di continuare la guerra con una guerriglia di logoramento. I britannici furono obbligati a frazionare dispendiosamente le loro forze per presidiare il territorio, ma non riuscirono ad aver ragione dei kommandoes boeri fin quando non applicarono una tattica di spietata rappresaglia sulle popolazioni civili, che furono internate nei campi di concentramento come ostaggi. Solo a quel punto i guerriglieri boeri - colpiti nelle loro famiglie e nei loro beni - furono obbligati a cedere dopo un anno e mezzo di guerra d'attrito.
In seguito alla battaglia della Marna la guerra di movimento si arenò e i fronti si stabilizzarono - soprattutto in Occidente e poi in Italia e nei Balcani. La realizzazione di lunghe e profonde linee di trincee spinse i comandi superiori a cercare coscientemente il logoramento del nemico, sia tatticamente - fidando in massicci attacchi preceduti da spaventosi bombardamenti anche di più giorni consecutivi - sia strategicamente, imponendogli il consumo di mezzi, uomini e risorse. Questa maniera di condurre la guerra - detta tatticamente "delle spallate" in Italia e strategicamente identificata come Materialschlacht in tedesco ("guerra di materiali") - rendeva essenzialmente la guerra una questione di consumo di uomini e materiali. Solo l'introduzione di tattiche di infiltrazione da parte prima dei russi, poi, più perfezionatamente, dei tedeschi, consentì il ritorno ad una guerra manovrata e alla possibilità di rendere decisive le battaglie. Infatti, sebbene gli alti comandi tedeschi avessero già compreso la nuova natura della Grande Guerra sui fronti occidentali, come guerra di logoramento - e coscientemente ne fecero uso durante la Battaglia di Verdun - gli Alleati dell'Intesa, invece, continuarono a perseguire la strategia delle grandi battaglie risolutive, concependo il logoramento solo a livello tattico. La strategia di logoramento venne invece deliberatamente usata da Armando Diaz sul fronte italiano respingendo più volte le pressioni alleate per un'offensiva sul Piave, fin quando non giunse il momento giusto per colpire l'esercito Imperiale-e-Regio, provato dall'insuccesso della Battaglia del solstizio e dalla successiva consunzione causata da fame, malattie e diserzioni.

TERRA BRUCIATA
Il termine terra bruciata indica una strategia utilizzata in guerra. Solitamente viene adoperata da eserciti in ritirata di fronte a un nemico o un invasore: l'esercito in ritirata distrugge tutte le risorse che non è in grado di portare con sé, in modo da non lasciare alcuna possibilità di approvvigionamento al nemico. Se condotta in territori vasti, il nemico rischia quindi di trovarsi privo di rifornimenti. Questa tattica venne utilizzata con esiti ottimi ma anche grave sofferenza da parte civile (sia per la fame che per le conseguenti rappresaglie) in Russia nel 1814 e nel 1942-3. Alcune volte il termine fu usato anche per la distruzione di risorse economiche, come ad esempio l'incendio dei pozzi petroliferi durante le guerre del Golfo.

OPERAZIONI PSICOLOGICHE
Le operazioni psicologiche o manovre psicologiche (in inglese PSYOPS, Psychological operations) sono un moderno metodo utilizzato da istituzioni militari definibile come un complesso di attività psicologiche messe in atto mediante l'uso programmato delle comunicazioni, pianificate in tempo di pace, crisi e guerra, dirette verso Gruppi Obiettivo (GO) amici, neutrali o nemici (governi, opinioni pubbliche, organizzazioni, gruppi o individui), al fine di influenzarne gli atteggiamenti ed i comportamenti che incidono sul conseguimento di obiettivi politici e militari.
Tipiche operazioni psicologiche sono le intromissioni nelle frequenze radio e televisive ed il lancio di volantini dal cielo per trasmettere messaggi volti ad influenzare l'opinione pubblica o le truppe.
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